Lo scudo penale per i professionisti sanitari. Molto rumore per nulla.

Lo scudo penale per i professionisti sanitari. Molto rumore per nulla.

di Salvatore Aleo e Paolo D’Agostino

Un primo commento che appare giustificato dalla lettura della Relazione a cura dell’Ufficio del massimario della Corte di cassazione sulle norme di scudo penale per le attività di somministrazione dei vaccini e le attività sanitarie causate dalla situazione di emergenza da Covid-19, riguarda il veloce avvenuto superamento – ovvero fallimento – della pur recente normativa Gelli-Bianco in materia di responsabilità sanitaria. Le vicende che ci occupano presuppongono e suggellano tale fallimento.

Il sistema delle linee guida non è stato realizzato, la disciplina concernente le assicurazioni non ha avuto attuazione, la disciplina della responsabilità rimane caratterizzata e attraversata da grandi incertezze, perplessità, dissensi e in generale confusione. In ogni caso, questa disciplina è apparsa inadeguata a fronteggiare l’emergenza epidemiologica verificatasi. Giova sottolineare la straordinaria rilevanza di tali esiti negativi a fronte della pretesa di quel legislatore di regolare e sistematizzare l’intera materia: pretesa che a molti è parsa eccessiva, sproporzionata, in confronto, proprio, alla complessità sia della materia sia dell’assetto sociale e culturale in cui la stessa va considerata.

La normativa introdotta col d.l. 44/2021 e poi con la legge di conversione n. 76/2021, fa riferimento ai fatti di cui agli artt. 589 e 590 del codice penale (in cui sono disciplinati i delitti di omicidio e lesioni colposi) e non direttamente all’art. 590 sexies introdotto nello stesso codice penale per i casi di «Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario» e di cui la stessa normativa dovrebbe essere speciale (nonché emergenziale).

Per la disciplina dell’art. 3 d.l. 44/2021, «Responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2», una spiegazione – che pure va cercata – potrebbe essere che la previsione dell’art. 590 sexies c.p. riguarda i «fatti […] commessi nell’esercizio della professione sanitaria», mentre questa disciplina di esclusione della punibilità sarebbe (vorrebbe essere) rivolta anche a tutti coloro che, pur non esercitando una professione sanitaria, hanno una responsabilità connessa alla somministrazione del vaccino: si pensi alle direzioni ospedaliere o a tutti gli organi coinvolti nel piano vaccinale o, addirittura, ai responsabili delle aziende farmaceutiche.

La medesima tecnica di redazione dell’art. 3 bis, «Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19», aggiunto con la legge di conversione n. 76/2021 e relativo ai «fatti […] commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza», così resi «punibili solo nei casi di colpa grave», sarebbe piuttosto l’effetto di un trascinamento formale dalla disciplina appunto precedente. Resta il fatto che il sistema appare confuso e difficile da decifrare.

La condizione richiesta nell’art. 3 d.l. 44/2021, per l’esclusione della punibilità dei «fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178», che «l’uso del vaccino» sia «conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione», deve essere oggetto dell’accertamento concreto nel processo penale, dell’accertamento tecnico disposto e avvenuto nel processo penale, e dunque implica l’avvio e lo svolgimento dell’attività d’indagine. Alla fine, il sanitario non risponderà dell’uso conforme a tali indicazioni. L’impressione di chi scrive è che tale esclusione sia pressoché implicita non solo nella disciplina dell’art. 590 sexies c.p. ma perfino nella necessità dell’accertamento della colpa per la responsabilità dei casi di omicidio e lesioni personali degli artt. 589 e 590 c.p.

Proprio chi scrive sostiene da sempre che la responsabilità penale del professionista sanitario debba essere circoscritta ai soli casi di colpa grave: secondo il criterio di garanzia dettato dal legislatore fascista nell’art. 2236 del codice civile, quando «la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà», perciò verosimilmente relativo alle ipotesi di imperizia; criterio inopinatamente ritenuto per tanto tempo dalla Corte di cassazione non applicabile al diritto penale. E invece il diritto penale costituisce un’extrema ratio, a maggior ragione in un campo come la responsabilità sanitaria, e la responsabilità penale deve costituire un cerchio concentrico molto ristretto in confronto a quella civile.

Proprio la Corte di cassazione (Sezioni unite penali, n. 8770 del 21.12.2017) ha infine adottato il criterio della colpa grave, nelle sole ipotesi d’imperizia (dunque, non altrettanto in quelle di negligenza e imprudenza), per ricostruire (o invero costruire) il significato normativo dell’art. 6 della legge Gelli-Bianco: nelle sole ipotesi di imperizia, anche perché a queste sole si riferisce il criterio di esclusione della punibilità del capoverso di quell’art. 6 (che siano «rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto», e in cui appunto non è previsto e stabilito il criterio della colpa grave).

Con riferimento a questa posizione presa dalla Cassazione, la disciplina introdotta con l’art. 3 bis aggiunto nel d.l. 44/2021 con la legge di conversione n. 76/2021 ha generalizzato – ovvero esteso alle ipotesi di negligenza e imprudenza – la rilevanza del criterio della colpa grave per l’esclusione della responsabilità penale per i fatti di omicidio e lesioni colposi «commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza».

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