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Si occupa di monitoraggio e coordinamento dell’attività dei consulenti e periti incaricati dai Giudici nei processi (civili e penali).

Coordinatore: dott. TSRM Antonio Di Lascio
Master specialistico in aspetti legali, forensi e assicurativi delle professioni sanitarie
Tecnico sanitario di radiologia medica presso ASL Salerno, PO di Vallo della Lucania, Laboratorio di Cardiologia interventistica
Contatti: antdilax@gmail.com

PERITO E CONSULENTE DELLE PROFESSIONI SANITARIE

Leggi: La consulenza tecnica nei giudizi di responsabilità sanitaria 

articolo di Antonio Di Lascio sulla tematica, pubblicato sulla rivista “eHealth Innovazione e Tecnologia in Ospedale” ed. edises (Roma), nr. 72 nov/dic 2019.

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LA CONSULENZA TECNICA E LA PERIZIA NELLA RESPONSABILITÀ SANITARIA

L’entrata in vigore della Legge 8 marzo 2017, n. 24  “Gelli-Bianco”  recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” (GU. Nr. 64 del 17/03/2017) ha modificato alcuni aspetti connessi con la nomina dei consulenti tecnici d’ufficio e dei periti nei giudizi ad oggetto la responsabilità sanitaria. Infatti, come recita l’art. 15 della citata legge, l’autorità giudiziaria, nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia “a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento” (co. 1), garantendo “oltre a quella medico legale, un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie” (co.3), permettendo, così:

  • un approccio più serio e razionale nei procedimenti, civili o penali, ad oggetto problematiche di Responsabilità sanitaria,
  • il vantaggio per chi accusa, per chi giudica e per chi difende, di avvalersi di figure di riferimento che per quella professione e in una determinata fattispecie (esperti o specialisti), hanno maggiore esperienza e conoscenza delle questioni operative e pratiche, relative al profilo professionale, connesse agli aspetti di lavoro, alla conoscenza delle linee guida, delle raccomandazioni, buone pratiche e della più recente produzione scientifica.

La consulenza tecnica nell’ambito del giudizio è di natura integrativa rispetto all’attività posta in essere dal giudice, il quale può mancare di conoscenze tecniche di ordine specialistico. Affinché possa avere un quadro completo delle conoscenze tecnico-scientifiche, rispetto al caso trattato, il giudice ha la necessità di rivolgersi ad un suo ausiliario, indipendente dalle parti e particolarmente esperto in una materia, arte o disciplina, il compito di assisterlo e supportarlo, per fornire, mediante le competenze e conoscenze tecniche da questi possedute, le informazioni utili a valutare o accertare i fatti, per la formazione del convincimento, arricchire, lo stesso.

L’estrema complessità, dal punto di vista normativo e della evoluzione tecnologica, che sempre più caratterizza alcuni settori, impone in misura crescente la presenza all’interno delle attività processuali, di esperienze e capacità altamente specialistiche. Per tale motivo, nei procedimenti penali e civili in materia di responsabilità sanitaria:

  • la scelta giudiziale di specialisti o esperti che forniscano la propria consulenza o perizia, in ambito civile e penale, è presupposto essenziale per assumere una corretta decisione;
  • le consulenze tecniche e le perizie, nei procedimenti in cui sono coinvolte le professioni sanitarie e laddove è di loro competenza, debbano riguardare professionisti sanitari non medici.

La consulenza potrà essere svolta a supporto delle parti coinvolte nel procedimento (consulente o perito di parte) oppure nell’ambito delle attività preliminari alle azione di risarcimento innanzi al giudice attravero il tentativo obbligatorio di conciliazione(rif. art. 8 L. 24/2017).

CHI È IL CONSULENTE E COME SI PUÒ DIVENTARE CONSULENTE O PERITO PRESSO IL TRIBUNALE:

La definizione della figura del consulente tecnico è contenuta nell’art. 61 c.p.c. (Regio Decreto 28 ottobre 1949, n. 1443), in cui si legge:

Quando è necessario, il Giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica. La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione del presente Codice

Ciascun professionista può richiedere ad uno unico Tribunale la propria iscrizione in un apposito Albo, tenuto per i Consulenti e per i Periti, la cui funzione fondamentale è di garanzia e tutela del corretto svolgimento dell’incarico, assicurando all’amministrazione giudiziaria la collaborazione dei migliori professionisti, in possesso di uno standard (minimo) che dimostri particolare competenza, in grado di assolvere in modo esaustivo, l’incarico che, l’organo giudicante, può conferire loro. Per ciascun tribunale l’albo è unico ed organizzato in categorie, tra le quali, debbono obbligatoriamente essere comprese, quella medico-chirurgica, industriale, commerciale, agricola, bancaria, assicurativa. Come precisato, a norma della art. 15, co. 3 della l. 24/2017, per la categoria medico-chirurgica negli albi dei consulenti (di cui all’art. 13 disposizioni di att. del cod. di procedura civile) e negli albi dei periti (di cui all’art. 67 norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), è necessario garantire, oltre a quella medico-legale, un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie.

Per l’iscrizione all’albo, che avviene a domanda dell’interessato, inoltrata secondo le disposizioni previste da ciascun tribunale (è opportuno consultare il sito del proprio tribunale di afferenza) l’aspirante deve possedere alcuni requisiti indispensabili:

  • speciale competenza (riferita alla professione esercitata): richiede, all’aspirante consulente, il possesso di una conoscenza superiore alla media, particolarmente qualifica ed approfondita della materia professionale stessa e di specifiche specializzazioni o competenze, acquisita con titoli di studio, con lo svolgimento dell’attività professionale, oltreché che con la partecipazione a corsi di aggiornamenti;
  • condotta morale specchiata: riferita al comportamento del professionista che si identifica con una condotta seria, onesta e proba, per la quale non solo non devono incorrere condanne penali o civili, ma neppure sanzioni disciplinari e amministrative, in quanto espressione di mancanza di senso civico. L’assenza di una condotta morale irreprensibile, come la sussistenza di una o più contestazioni avente rilevanza penale, preclude l’iscrizione all’albo professionale;
  • Iscrizione ai rispettivi ordini professionali. Tale requisito è ultimamente stato esteso a ciascuna delle professioni sanitarie (L. 3/2018), per le quali, per l’esercizio professionale, in qualunque forma giuridica svolta, è necessaria l’iscrizione al rispettivo albo professionale, con il pieno godimento dei diritti civili, il possesso del prescritto titolo professionale e di abilitazione all’esercizio della professione stessa.
  • Residenza nella circoscrizione del Tribunale: Un ulteriore requisito per l’iscrizione può essere considerato l’obbligo di residenza nella circoscrizione del tribunale, così come riportato dall’art. 16 delle disp. di att. del codice di procedura civile. Molti tribunali hanno inteso considerare questa indicazione in senso meno restringente e più ampia, facendo riferimento al “domicilio”, in cui un candidato, al momento della domanda di iscrizione, presso la circoscrizione del tribunale, viva o lavori.

L'ACCORDO CNF-CSM-FNO TSRM e PSTRP E GLI ALBI DEI CONSULENTI E DEI PERITI DELLE PROFESSIONI SANITARIE

All’indomani della entrata in vigore della l. 8 marzo 2017, n. 24,  il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), organo preposto al governo autonomo della Magistratura, al fine di garantire all’autorità giudiziaria la disponibilità e quindi l’utilizzo di conoscenze tecnico-scientifiche competenti al caso specifico, corrette ed affidabili, ha avviato, insieme al Consiglio nazionale forense (CNF) un processo di confronto con tutte le Federazioni nazionali di rappresentanza istituzionale delle professioni sanitarie con la sottoscrizione di accordi specifici con l’intento di definire alcune linee guida per l’iscrizione dei professionisti negli albi circondariali, in particolare per la valutazione della speciale competenza.

I codici di rito, sia nel settore penale che in quello civile, rinviano genericamente alla “speciale competenza”, quale condizione essenziale per l’iscrizione all’albo.

La speciale competenza, infatti, non può esaurirsi, di norma, con il mero possesso del titolo di abilitazione professionale, ma si sostanzia nella concreta conoscenza teorica e pratica della disciplina, come può emergere sia dal curriculum formativo e/o scientifico, sia dall’esperienza professionale del singolo esperto.

L’accordo sottoscritto ha permesso l’individuazione di alcuni indicatori al fine di assicurare negli albi circondariali l’ingresso di esperti di elevata qualificazione, la cui professionalità fosse rilevabile a partire da informazioni chiare e verificabili (offrire ai Comitati circondariali un “set” di indicatori strutturalmente omogeneo

È possibile scaricare il testo di accordo e la scheda illustrativa, al fine di poter verificare la rispondenza ai requisiti richiesti.

Protocollo al link: https://www.tsrm.org/wp-content/uploads/2019/03/Accordo_CSM_CNF_FNOTSRMPSTRP_CTU_firmato.pdf

Scheda al link https://www.tsrm.org/wp-content/uploads/2019/03/scheda_lettura_accordo_CSM_CNF_FNOTSRMPSTRP_DiLascio_Cn_22_3_2019.pdf

L’accordo rappresenta uno strumento valoriale per i professionisti dell’Ordine perché vuole collegare la speciale competenza del buon professionista agli aspetti del caso concreto tenuto conto della speciale difficoltà e si costituisce di 6 articoli

Il testo di Accordo stabilisce, come mostrato nella tabella, due ordino di elementi (primari e secondari), che è raccomandabile considerare complessivamente, per la valutazione della speciale competenza:

  • “primari”: che presuppongono un possesso positivo di speciale competenza. L’indicatore principale è rappresentato dalla pregressa esperienza professionale, quanto più attinente e specifica possibile alla fattispecie oggetto di accertamento, considerando quale periodo minimo orientativo idoneo a comprovare l’acquisizione di una speciale competenza, dieci anni di esercizio della professione (in assenza di un titolo di specializzazione conseguito presso una scuola di specializzazione istituita dal MIUR, e in cinque anni, in presenza del predetto titolo), nella considerazione che il possesso del solo titolo di studio non può garantire, al giudice la scelta dell’esperto più idoneo alla fattispecie oggetto di accertamento.
  • “secondari”: principalmente rappresentati dalla valutazione complessiva del proprio curriculum (formativo post-universitario, professionale, scientifico), conferendo notevole risalto al possesso di eventuali titoli di “specializzazione”, conseguiti ai sensi dell’art. 6, lett. c) della legge n. 43/2006, ai corsi di aggiornamento, rilevanti ai soli fini del circuito ECM, nonché le eventuali attività di docenza (art. III, co. 6 Accordo CSM-CNF e TSRM-PSTRP).

L’insussistenza di un requisito primario, non preclude in termini assoluti, l’iscrizione all’albo circondariale. Infatti, in tali casi, la presunzione negativa può essere superata laddove gli elementi c.d. “secondari”, denotino una rimarchevole e indubbia qualificazione del candidato. Pertanto, l’individuazione delle “speciali competenze” dovrà essere eseguita con criteri ed esigenze di flessibilità e di interconnessione tra i requisiti primari e secondari, riconoscendo ai requisiti secondari, anche un valore integrativo, tenendo presente che, è certamente da ritenersi obbligatorio il possesso del titolo abilitante all’esercizio della professione.

Il testo di Accordo stabilisce, come mostrato nella tabella, due ordino di elementi (primari e secondari), che è raccomandabile considerare complessivamente, per la valutazione della speciale competenza:

  • “primari”: che presuppongono un possesso positivo di speciale competenza. L’indicatore principale è rappresentato dalla pregressa esperienza professionale, quanto più attinente e specifica possibile alla fattispecie oggetto di accertamento, considerando quale periodo minimo orientativo idoneo a comprovare l’acquisizione di una speciale competenza, dieci anni di esercizio della professione (in assenza di un titolo di specializzazione conseguito presso una scuola di specializzazione istituita dal MIUR, e in cinque anni, in presenza del predetto titolo), nella considerazione che il possesso del solo titolo di studio non può garantire, al giudice la scelta dell’esperto più idoneo alla fattispecie oggetto di accertamento.
  • “secondari”: principalmente rappresentati dalla valutazione complessiva del proprio curriculum (formativo post-universitario, professionale, scientifico), conferendo notevole risalto al possesso di eventuali titoli di “specializzazione”, conseguiti ai sensi dell’art. 6, lett. c) della legge n. 43/2006, ai corsi di aggiornamento, rilevanti ai soli fini del circuito ECM, nonché le eventuali attività di docenza (art. III, co. 6 Accordo CSM-CNF e TSRM-PSTRP).

L’insussistenza di un requisito primario, non preclude in termini assoluti, l’iscrizione all’albo circondariale. Infatti, in tali casi, la presunzione negativa può essere superata laddove gli elementi c.d. “secondari”, denotino una rimarchevole e indubbia qualificazione del candidato. Pertanto, l’individuazione delle “speciali competenze” dovrà essere eseguita con criteri ed esigenze di flessibilità e di interconnessione tra i requisiti primari e secondari, riconoscendo ai requisiti secondari, anche un valore integrativo, tenendo presente che, è certamente da ritenersi obbligatorio il possesso del titolo abilitante all’esercizio della professione.

COME DIVENTARE CONSULENTE O PERITO

Se il professionista ha maturato la convinzione di intraprendere l’attività di consulente o di perito deve presentare, secondo le modalità previste dal proprio Tribunale circondariale di riferimento (considerando in via prioritaria la residenza anagrafica e in seconda istanza quella professionale), una apposita domanda, corredata di marca da bollo e versamento di concessione governativa (alcuni tribunali richiedono tale versamento solo successivamente all’avvenuta approvazione della domanda).

È opportuno per questo consultare il sito del proprio tribunale nell’apposita sezione CTU e Periti, e facendo riferimento alle informazioni per la compilazione della domanda e per la sua presentazione (che prevede l’allegazione di un Curriculum professionale, scientifico e di studio).

Si ricorda che il Tribunale procederà a richiedere al proprio Ordine professionale di afferenza un parere previo. Risulta per questo indispensabile che le informazioni presentate nella domanda di iscrizione all’albo siano anche in possesso del proprio Ordine professionale. Infatti “l’attività istruttoria dei comitati per l’Albo dei periti e dei consulenti presso il Tribunale, si avvale in particolare della partecipazione degli Ordini professionali, attraverso un previo esame delle domande pervenute a cui possono utilmente portare al Comitato proprie osservazioni e annotazioni con riferimento alla corrispondenza tra le informazioni dichiarate nella domanda e quelle possedute presso le rispettive anagrafe”.

Naturalmente sia l’iscrivendo, sia l’Ordine e il Tribunale nel valutare la domanda pervenuta dovranno tenere conto dei requisiti individuati dall’Accordo nazionale, come prima descritti.

È bene inoltre considerare che ciascun Tribunale può, inoltre, disciplinare l’iscrizione all’albo secondo opportuni accordi locali e l’adozione, oltre a quanto espressamente previsto per legge e dall’Accordo nazionale, ulteriori parametri.

Questa Federazione è a disposizione:

  • dei professionisti che intendano iscriversi nell’Albo dei consulenti e dei periti per qualsiasi supporto ed informazione, anche attraverso specifici momenti di formazione;
  • degli Ordini territoriali, per supportarli nella definizione delle pratiche sottoposte per la valutazione dei titoli.

IL RUOLO DEGLI ORDINI TERRITORIALI

a recente introduzione della Legge 24/2017, con le modifiche apportate dall’art. 15 alla nomina dei consulenti e dei periti e dell’Accordo tra CSM-CNF e FNO TSRM e PSTRP, non ha permesso una omogena attuazione dei principi in esso contenuti.

Ciascun Ordine:

  • potrà farsi promotore presso i Tribunali ricadenti nel proprio territorio della sottoscrizione di appositi “Accordi locali” per garantire la presenza, nei rispetti albi circondariali di sezioni riservate ai professionisti afferenti uno degli Albi professionali istituiti nel proprio Ordine e a cui affidare consulenze e perizie;
  • esaminare previamente, secondo i criteri individuati nell’Accordo nazionale e negli accordi locali, le domande di iscrizione presentate.

Su questi aspetti risulta indispensabile da parte del candidato fornire anche al proprio Ordine ogni elemento utile per l’esame della domanda presentata in Tribunale.

Gli Ordini potranno predisporre opportuni programmi formativi e/o aggiornamenti anche in  raccordo con le attività poste in essere a riguardo dalla Federazione nazionale.

Anche per ciascun Ordine professionale questa Federazione nazionale resta a disposizione per ogni eventuale chiarimento ed assistenza.